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Done is better than perfect: il mio primo anno da freelance

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tl;dr: nel 2018 ho cominciato a fare la freelance, ho cambiato città e ho avuto una bambina. Qui racconto come sono uscita viva da quest’anno bizzarro ed entusiasmante.

Il 2018 è stato l’anno dei grandi piani riusciti e di quelli piccoli saltati per aria. Per esempio: ho in bozza questo post da mesi, addirittura da ottobre, leggo nella data dell’ultimo salvataggio. Comincio a fare la freelance per bene – mi chiedo – e parlo di organizzazione, di progetti, di lavoro? Elenco letture, snocciolo consigli? Curo il mio personal brand, come dicono di fare quelli bravi? La verità è che non ho saggezza da condividere, e tanti aspetti del mio nuovo modo di lavorare sono ancora affidati all’abilità nell’improvvisazione, come fosse jazz: un caos lucido e governabile, ma per me non ideale. È una delle cose da sistemare in questo 2019.

Non ho mai avuto lo spirito da blog personale, ma non credo sia possibile raccontare com’è andato questo primo anno da freelance senza parlare dei cambiamenti anche in quella sfera. La scelta di diventare freelance non è stata dettata solo da ragioni professionali, e credo che parlare del modo in cui cambia il ritmo della vita, tutta, senza compartimenti stagni, sia più rispondente al vero e più utile, spero, a chi sta considerando una scelta simile.

A febbraio mi sono trasferita a Firenze, dove mio marito lavora, e ho cercato di costruire qui la nuova routine delle mie giornate. Il 2018 è un intreccio di pranzi da preparare tutti i giorni – non pranzavo a casa tutti i giorni dai tempi del liceo – e riunioni a distanza con i miei clienti perché, almeno finché i conti tornano, è questo lo stile di vita che mi calza meglio. Del resto una delle ragioni che mi ha spinta a smettere di buttare le giornate in (brutti e malsani) uffici è la ricerca di più spazio per la quotidianità: lavorare idealmente meno, sicuramente meglio; lavorare per vivere e non viceversa, per affidarsi a solidi luoghi comuni.

Quando sei concentrata a fare qualcos’altro la vita ti rotola addosso: ero lì che cercavo di ritrovare il ritmo delle mie abitudini in una nuova città partendo da un abbonamento in piscina, e intorno a metà marzo comincio a sentirmi molto stanca, infinitamente stanca, decisamente troppo stanca. Faccio delle analisi e… sono incinta.

AAAAH!

Be’, sì, la reazione è stata più o meno questa. Ci sono già troppe rivoluzioni in corso, ce la posso fare? Ce la posso fare, naturalmente, prima di tutto perché non è un “posso” ma un “POSSIAMO”, e fa una grande differenza. Gli astri di tempi e scadenze si allineano per il verso giusto, impariamo ad apprezzare la riuscita dei piani e non la loro perfezione e grazie alla buona salute, per fortuna, tutto va per il meglio. E questa è la premessa.

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SU COSA HO LAVORATO NEL 2018

Il Team per la Trasformazione Digitale

Dopo la luna resa ancora più di miele dall’aver dato le dimissioni prima di partire per l’Australia, a gennaio sono tornata a Milano per preparare un trasloco e buttarmi a capofitto sulla collaborazione con il Team per la Trasformazione Digitale, già avviata durante l’estate 2017 e alla quale avevo un enorme desiderio di dedicarmi con la massima attenzione, sapendo che la collaborazione sarebbe scaduta a settembre 2018, senza rinnovi.

All’interno di Designers Italia mi sono occupata di leggere, scrivere e aiutare a scrivere: uno dei miei tre soliti mestieri*, insomma. Abbiamo scelto un’impostazione per le linee guida, ci abbiamo lavorato e abbiamo capito che non funzionavano come avremmo voluto. Abbiamo ricominciato da capo e questo ci ha portati ai design kit: non sono vincolati a chi si occupa di pubblica amministrazione, sono al servizio di tutti. Avete dei progetti da avviare? Provate a vedere se vi tornano utili. Se avete osservazioni e proposte, poi, il Team è pronto ad accoglierle.

La collaborazione con il Team è stata un bello sprint che mi ha ricordato come si può lavorare negli anni in cui viviamo, gestendo con intelligenza la tecnologia a disposizione, usandola per semplificare la vita di tutti. Ne vado molto fiera.

L’editoria: Bompiani

Pochi giorni prima di partire definitivamente per Firenze ho ricevuto la notizia che aspettavo da tempo: riprendevo a collaborare con Bompiani per tutto ciò che riguarda il digitale in casa editrice, eccetto gli eBook, se non relativamente al marketing. Un rapporto lavorativo che si era interrotto per poco meno di un anno, dall’acquisizione da parte di Giunti alle mie dimissioni: si può dire che gioco in casa.

“Casa” è la parola giusta: l’aspetto più importante di questa relazione, per me, è la relazione stessa. Tornare a lavorare in una squadra di cui ho completa stima, umana e professionale; ritrovare rispetto, soddisfazione ed energia. Per tutti questi valori Bompiani è ora – e spero rimarrà a lungo – il cliente a cui dedico più spazio: avvantaggiata da un’esperienza di cinque anni da dipendente, che facilita il lavoro da remoto, scelgo di puntare una grossa parte del mio tempo da freelance su un lavoro sicuramente gratificante. Per un libero professionista può essere una scelta rischiosa: ho trovato utili le parole di Daniela Scapoli al Freelance Camp sul tema del cliente fisso.

L’insegnamento

Nel 2018 ho continuato a insegnare. Ci sono stati i miei appuntamenti fissi con il Master in Comunicazione della Scienza alla SISSA di Trieste – dove faccio un piccolo intervento sull’editoria digitale all’interno del corso in editoria – e con i corsi di minimum lab sulla comunicazione. È stato il primo anno, invece, per il corso di editoria digitale all’interno del Master in Editoria dell’Università di Verona: da tempo non tenevo un corso così lungo per così tanti studenti, dai quali sono sempre io a imparare di più. È la ragione per cui accetto ogni volta che è possibile questo tipo di occasioni.

La maternità

Dopo il primo trimestre di gravidanza ho iniziato a riflettere su come intendevo gestire la maternità, con il supporto di ACTA e della mia commercialista per la burocrazia, di mio marito per tutto il resto. Liberarsi delle pressioni sociali è molto meno semplice di quanto sembri, anche per la donna più lucida ed emancipata – che evidentemente non sono io, dato che mi sono trovata intrappolata in tutti i sensi di inadeguatezza da manuale.

Il termine della gravidanza cadeva a metà novembre, e questo ha facilitato la gestione del periodo di sospensione del lavoro: ho deciso di fermarmi per almeno tre mesi, complice non indifferente l’eleganza e l’umanità dei miei clienti già attivi e di quelli con cui iniziavo a pianificare il 2019. Non ho studiato ogni dettaglio bene come raccontava Donata, e infatti vi racconto le cose a posteriori: ho lavorato fino all’inizio di novembre, quando ho dovuto necessariamente smettere, a nono mese inoltrato. Con il senno di poi lo farei almeno un mese prima della data prevista per il parto: concedermi più tempo per realizzare che stavo per diventare mamma credo mi avrebbe aiutata a sentirmi meno sotto pressione, e anche meno stanca.

COSA FARÒ NEL 2019

La fine del 2018 è stata interamente dedicata alla famiglia, a capire come riorganizzare il tempo, le esigenze e a immaginare come organizzare l’anno successivo, un semestre per volta. Ho scelto di avere una mole di lavoro più leggera per l’inizio del 2019, per potermi occupare della bambina: la scelta di sacrificare qualche entrata ha come altra faccia della medaglia il non dover destinare una cifra a qualcuno che badi a lei al nostro posto. In questo momento rispecchia anche il mio desiderio di prendermi cura di lei di persona: non avrei scommesso, se me lo avessero chiesto mentre ero ancora incinta, che mi sarei trovata tanto a mio agio. Il capitolo delle cose che le madri o future tali non possono dire, sentire o pensare è così ampio, però, che andrebbe discusso a parte.

Per il primo semestre dell’anno concilierò quindi due clienti con la cura della bambina e della mia famiglia: Bompiani, naturalmente, e la neonata casa editrice della UX University, nuova collaborazione di cui vado molto fiera. Le case editrici che nascono sono sempre divertenti: il lavoro è tanto, l’entusiasmo anche, e qui si tratta di professionisti di grande spessore, che è un piacere aiutare a progettare e pianificare la loro nuova anima editoriale.

Intendo dedicare più tempo allo studio: scegliendo corsi di aggiornamento per il mio lavoro e corsi per ampliare gli orizzonti o arricchire lo spirito. Per i primi riservo un budget, per i secondi sfrutto le tantissime risorse gratuite in rete. Ultimamente mi sto godendo un corso sui generi letterari nella letteratura per ragazzi**, su iTunes U: mi sta facendo scoprire universi incredibili sulla letteratura per ragazzi australiana.

SETTE COSE CHE HO IMPARATO NEL 2018

Non sarebbe un post di inizio / fine anno senza una lista di questo genere, vi pare?

1. L’unione fa la forza: sempre. Senza mio marito mi avrebbero ricoverata con una camicia bianca stretta stretta già ai primi mesi di gravidanza; senza le mie amiche – casualmente incinte nel mio stesso periodo – avrei pensato di essere l’unica donna al mondo a porsi domande che tutte le donne si sono già poste; senza le mie amiche mamme e freelance avrei impiegato molto più tempo per venire a capo di problemi intricati ma non irrisolvibili come sembravano.

2. Trova un bravo commercialista: la mia è eccezionale, disponibile, preparatissima e veloce. Le piacciono anche i gatti e i mug, davvero non saprei cosa chiedere di più. Mi fa dormire sonni tranquilli, spiegandomi cose complesse e risolvendo problemi che altrimenti mi ruberebbero tempo e serenità.

3. Se aspetti un bambino, circondati di mamme normali. Uno dei miei terrori prima di frequentare il corso preparto alla ASL, per esempio, era: e se trovo la mamma no-vax? Quella integralista vegana? Quella che azzera la sua esistenza per i figli e ti guarda come se fossi snaturata se fai diversamente? Siate pronte a farvi stupire in bene. Credo di avere l’unico gruppo su whatsapp dal nome “MAMME” di cui non aver paura, anzi: è una vera rete di supporto tra persone che affrontano le stesse difficoltà, fisiche e psicologiche, e si danno una mano di cuore. Il ché rafforza il punto 1.

4. Diffida da chi si spaccia per wonder woman. Io le vedo le mamme freelance che prendono dieci aerei al mese con un neonato di 45 giorni, che raccontano di non rinunciare a niente, mai, e hanno anche 38 ore al giorno da passare concentratissime solo sul loro bambino (oltre ovviamente ad occuparsi solo di progetti epocali e fatturati astronomici). Vedo anche quelle senza figli con giornate che iniziano alle 6 con un’ora di yoga e finiscono alle 2 del mattino con un cocktail e una messa in piega ancora impeccabile. Che mentano o no, non mi interessa. Non sono modelli a cui aspiro, le trovo grottesche e frustranti. I miei modelli sono dubbiosi, curiosi, lontani dall’onniscienza, sbagliano e non temono di mostrarsi imperfette. Sono bellissime così.

5. Mantieni viva la curiosità, e se puoi ampliala. Non occuparti solo delle novità o degli approfondimenti del tuo settore, qualunque sia. Spendi tempo in cose che ti arricchiscono: oltre a non essere mai tempo perso, spesso aiutano a risolvere problemi attraverso strade che altrimenti non avresti saputo immaginare.

6. Fai qualcosa di pratico. Aiuta a pensare. Per esempio: mentre stiro o pelo le patate trovo soluzioni a problemi da risolvere, o ricostruisco il filo logico tra stimoli sparsi, collezionati in altri momenti della giornata (e mi ritrovo casa in ordine e pranzo pronto!). Mentre nuoto, invece, riesco a far maturare delle idee che a volte non sapevo nemmeno di avere. Ad altri capita lavandosi i denti o sotto la doccia: fate delle prove.

7. I tempi morti sono vivissimi. Ho scoperto che leggere mentre do il biberon (5-7 volte al giorno per 20 minuti) a mia figlia è una mossa astuta: lei mangia e della mia esistenza le interessa poco, in quel frangente; io ho letto 7 libri in poco più di un mese, solo per aver usato in modo astuto quest’intervallo di tempo. Certo, prima o poi inizierà a mangiare diversamente, ma intanto… sono diventata una fanatica dei tempi morti! Rubacchiare 5 minuti qua e là per fare una cosa in attesa che ne capiti un’altra può suonare stressante. A me, per ora, sta aprendo mondi entusiasmanti. Trovate i vostri tempi morti e arredateli.

COSA VORREI PER IL 2019 COSA MI IMPEGNERÒ A REALIZZARE NEL 2019

Il primo semestre dell’anno è dedicato a una ripresa dolce e alla bambina. Vorrei riuscire a utilizzare parte dello spazio mentale sgombro in questa prima parte dell’anno per tre cose. Studiare con regolarità, qualcosa di immediatamente utile per il mio lavoro e qualcosa di completamente diverso, come dicevo. Sviluppare un paio di progetti con degli amici con cui mi piacerebbe costruire qualcosa di nostro. Tornare a scrivere qui, principalmente. Me lo ero già riproposta per il 2018, oggi ho portato la giustificazione scritta, come a scuola.

Il 2019 sarà l’anno dei piani riusciti, solidi anche se non sempre perfetti.
Buon anno!

NOTE

* Gli altri due sono far sì che cose belle da leggere incontrino lettori e insegnare.
** Giuro che la letteratura per ragazzi mi interessava anche prima di avere una bambina.

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