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Preambolo spiritoso
Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
È una delle 40 regole di scrittura di Umberto Eco*: una lista ironica e utilissima di buone norme per l’uso dell’italiano. Mai come scrivendo questo post mi è stato chiaro il senso della frase da furbastri “fai come dico, non fare come faccio”: potreste ridere molto vedendo quanti consigli disattendo, tra quelli che elencherò.
Introduzione con aneddoto
Ho imparato a fare l’editor su manuali e saggi, cominciando a lavorare per Apogeo. Sono un caso fortunato: questo mestiere non è mai stato la mia ambizione. Mi è capitato di farlo e mi è piaciuto; gli autori che hanno lavorato con me dicono di averlo fatto volentieri.
Ora che lavoro come freelance capita che professionisti di vari settori mi chiedano di affiancarli quando si trovano a scrivere un libro o un lungo articolo: hanno poca dimestichezza con la scrittura, e si rendono conto di aver bisogno di una guida.
Quando mi mandano qualcosa da leggere, in genere il primo aspetto da sistemare è il progetto: complicato, se ci sono pagine e pagine già scritte. Il progetto si dovrebbe fare prima di cominciare il lavoro. Per questo ho pensato che una lista di consigli per progettare un testo possa essere utile.
Stendo la lista pensando principalmente a chi ha bisogno di scrivere per spiegare o argomentare, ma suppongo che anche chi deve raccontare possa trovarci qualcosa di utile**.

0. Il grado zero dei consigli per scrivere bene: impara a leggere (bene)
Reading, at its fundamental essence, is not about absorbing information. It’s about asking questions, looking for answers, understanding the various answers, and deciding for yourself.
How to read, Copyblogger
Il primo consiglio per scrivere bene è leggere. Se non lo fai si vede a chilometri di distanza: nella forma, nella struttura, nel linguaggio, nei contenuti. Leggere non significa accumulare libri finiti di cui in breve tempo non ricordi nulla: devi esercitarti a capire come funzionano i testi scritti bene. E quelli scritti male? Un mio maestro, in conservatorio, diceva che senza ascoltare la musica suonata male non si impara a distinguerla da quella suonata bene. Quindi serve imparare a leggere anche quelli.
1. Di cosa vuoi parlare? E a chi?
Hai rotto ogni indugio: finalmente scriverai il tuo trattato sulla patata***. Comincerai da quando gli Inca ne domesticarono un gran numero di varietà sulle Ande, e arriverai a elencare una raffinata selezione di ingredienti – per metà estinti e per metà reperibili solo nell’altro emisfero – che si accoppiano a meraviglia con questo tubero dalle mille risorse. Insomma: sei pronto a lavorare alla Britannica della Patata.

Non finirai mai di scriverla, è evidente: è un’impresa titanica di discutibile fattibilità, ma non vuoi arrenderti all’evidenza. Hai riflettuto poco su quello che vuoi scrivere, ed è fondamentale che tu lo faccia prima di cominciare. Ci sono almeno due domande che possono aiutarti. Teniamo fermo l’argomento “patata”, di cui sei un riconosciuto luminare.
- Da che punto di vista vuoi affrontare la materia? (Ricette? Storia? Botanica?)
- A chi intendi rivolgerti? (Specialisti della materia? Neofiti?)
Se riesci a rispondere con chiarezza dovresti riuscire anche a formulare una frase semplice per descrivere l’argomento che vuoi affrontare, a chi ti vuoi rivolgere e in che forma vuoi farlo. Per esempio:
Vorrei scrivere un lungo articolo per appassionati di cucina riguardo la storia della patata, per far conoscere i cambiamenti di costume che la sua diffusione ha portato nella cucina europea.
Oppure:
Vorrei scrivere un libro specifico e dettagliato sulle varietà di patata che è possibile coltivare in Italia, adatto a lettori già esperti in orticoltura.
Da queste descrizioni derivano testi molto diversi, principalmente perché sono diversi i lettori a cui sono destinati. Sarà più semplice compiere scelte di struttura, forma e linguaggio, a partire da questa riflessione; le tue decisioni saranno appropriate rispetto al pubblico che hai scelto.
2. Prepara una scaletta (o una mappa)
Ora che hai chiaro di cosa vuoi scrivere e a chi ti rivolgi puoi iniziare a mettere a fuoco la struttura. Devi preparare un piano: la sequenza di argomenti che affronterai, l’ordine che renderà il discorso comprensibile. Parlando di ordine: il testo che scriverai ne richiede uno preciso, per essere compreso? O può essere consultato a prescindere dalla linearità delle pagine, e avrai quindi bisogno di progettare una mappa delle relazioni tra i contenuti, per fare in modo che i percorsi di lettura siano chiari a chi legge?
È probabile che questa seconda ipotesi non l’avessi prevista. Eppure siamo nel 2019: ciò che scriviamo non finirà per forza in una pila di fogli stampati e incollati, lineari per definizione (a meno che tu non stia scrivendo un dizionario, te lo concedo). Il testo può trovarsi in rete o in un ambiente digitale che permette di collegare concetti in maniera non lineare attraverso i link: anche in questo caso il progetto è fondamentale.
Stendere una scaletta
Una scaletta è l’elenco gerarchico delle parti in cui intendi articolare un testo. Pensalo come un indice grezzo: i titoli non sono definitivi, serve a chiarire la struttura. La sequenza argomentativa dev’essere chiara: sapere cosa va spiegato prima e cosa dopo; cosa deve avere molto spazio e cosa può averne poco; cosa è più importante e cosa meno.
Vuoi fare una prova del nove, per capire se funziona? Falla leggere a qualcuno che potrebbe essere un tuo lettore: se rimane confuso e devi dargli spiegazioni potresti dover lavorare meglio su qualche passaggio (e i suoi dubbi potrebbero accenderti delle preziose lampadine).
La scaletta di questo post, se solo l’avessi fatta (!), avrebbe potuto essere:
- Introduzione: perché scrivere l’ennesimo post di consigli di scrittura
- Consiglio n. 1: leggere
- Consiglio n. 2: come chiarire l’argomento di cui si vuole scrivere
- Consiglio n. 3: preparare la scaletta o la mappa concettuale
-
- Cos’è una scaletta
-
- Cos’è una mappa concettuale
- Consiglio n. 4: i titoli
e così via.
Disegnare una mappa concettuale
Un’ottima maniera per tracciare le relazioni tra concetti e idee è lavorare con una mappa concettuale.
Le mappe concettuali sono uno strumento particolarmente utile per studiare le relazioni tra singoli concetti e unirle insieme in uno schema organico e completo. Le mappe concettuali si possono utilizzare efficacemente per studiare qualsiasi argomento e a qualsiasi livello: dalla scuola primaria all’università, alla formazione professionale.
Mappe concettuali: cosa sono e come si creano, Portalebambini.it

Applicare le mappe concettuali alla progettazione di un testo, anzi che all’apprendimento, può essere un esercizio eccellente per capire quali relazioni tra contenuti sono più forti, quali vale la pena di mettere meglio in risalto, quali invece sono più deboli del previsto e possono essere trascurate.
Nella sezione “Quaderni” del blog di Luisa Carrada (che dovresti avere tra le tue letture, se ti interessa scrivere), trovi un lungo approfondimento dedicato proprio a mappe mentali e scrittura, curato da Umberto Santucci.
3. Non partire dai titoli
Sembra essere una tentazione invincibile, quella di dedicarsi ai titoli prima dei contenuti. Eppure sono una delle ultime cose che si dovrebbe rifinire, quando il contenuto è stabile e possiamo sintetizzarne con certezza le parti da mettere in evidenza.
In effetti: a cosa serve un titolo? Una descrizione utile, per le scritture che mirano a spiegare e argomentare, è quella giornalistica di Stefano Ondelli in La “messa in scena” delle notizie nei titoli dei quotidiani. Una prospettiva linguistica (1996):
Un titolo ha dei requisiti fondamentali da rispettare, in primo luogo
quello di veicolare la massima quantità di informazioni nel minor
spazio possibile.
Titoli scritti seguendo questo criterio dovrebbero mettere in condizioni chi legge di farsi un’idea molto chiara dell’articolazione del discorso che il testo porta avanti. Anche il tono dei titoli dipende dal lettore a cui ci rivolgiamo, e al taglio generale del testo: si tratta di un qualcosa di divulgativo e leggero o di un testo per specialisti? Nel primo caso, per parlare di un capitolo dedicato alle origini delle nostre amate patate, potremmo dire:
La patata: un viaggio inaspettato
per evocare la lunga storia del tubero arrivato in Europa da lontano.
Nel secondo caso potremmo dire, per introdurre lo stesso argomento:
Dal Solanum tuberosum alla patata: le origini andine del tubero dalla coltivazione versatile
Qualcosa non quadra? Certo: il secondo titolo mette in mostra la mia scarsa disinvoltura con la botanica. Solo scriverne una versione che potesse scimmiottare a orecchio qualcosa di specialistico mi ha portato via dieci minuti, e il risultato è discutibile.
Tra i preziosissimi quaderni raccolti da Luisa Carrada ce n’è uno dedicato ai titoli: Sigilli di parole, ovvero l’arte di titolare, curato da Francesca Pacini. Una lettura preziosa, con diversi esercizi da praticare subito.
4. Non farti intimidire dall’attacco

L’ansia del foglio bianco ci fa venire la tentazione di cominciare dai titoli; la stessa affligge anche le prime pagine di un nuovo testo. Ore a mordicchiare matite, penne (non tastiere, almeno spero!), per trovare una frase fulminante con cui cominciare, come ogni stereotipo sulla scrittura ci insegna. L’illuminazione non arriva, non c’è niente da fare.
Comincia senza indugio, anche se quello che scrivi non ti soddisfa, e rassegnati a una grande verità: l’attacco, quelle prime pagine, le riscriverai mille volte. Sempre meglio, ma solo quando avrai già scritto parecchio, scaldandoti dita e idee. Eliminando arzigogoli e divagazioni che ti hanno permesso di rompere il ghiaccio arriverai a un incipit convincente.
5. Ragiona sul linguaggio
Se il tuo obiettivo è spiegare qualcosa a qualcuno bisogna che usi un linguaggio comprensibile, direbbe Jacques de La Palice. Non a caso si dice “spiegamelo come se avessi cinque anni”: per quanto colto, un bambino di cinque anni ha una padronanza lessicale ridotta, ma non significa che sia stupido.
Stiamo parlando di leggibilità, ossia di quanto è facile per chi legge capire il contenuto del testo. Nelle linee guida per i contenuti del governo australiano si consiglia di considerare le competenze di un bambino di 9 anni, età in cui in genere si acquisisce l’abilità di leggere riconoscendo la forma delle parole, anzi che leggerle per intero, aumentando così la velocità di comprensione di un testo.
Content with a good readability level helps users know what to do. This includes users with lower comprehension skills.
Aim to make content as readable as possible. This makes it more accessible for everyone, not only users with low literacy. Plain English helps specialist and technical audiences too.
Writing Style, GOV.AU Content Guide, Readability
Scrivere testi comprensibili non significa rinunciare a un pubblico di specialisti. Ricerche attendibili hanno dimostrato che anche persone con alti livelli di competenza preferiscono il plain language, perché gli permette di capire più velocemente le informazioni contenute in testi specialistici, come spiegano nella Content Guide di gov.uk.
Il fulcro della complessità del linguaggio amministrativo risiede nella complessità morfo-sintattica. I testi burocratici presentano una costruzione sintattica molto elaborata, che porta alla produzione di frasi lunghe e con un ampio e ramificato uso della subordinazione. In particolare, si nota la frequente tendenza, derivata dalla testualità giuridica, alla “frase unica”, cioè alla produzione di testi nei quali l’intero contenuto è condensato in una sola frase (o comunque la tendenza a far coincidere il capoverso con la frase)
Michele Cortelazzo, Il burocratese, Treccani
Questa complessità non affligge solo i documenti burocratici: pensate a certi testi letti all’università, in cui riuscire a trovare la frase principale in un intrico di subordinate era un’impresa per speleologi. Qualcuno lo avrà già chiamato “accademichese”?
Per capire come usare un linguaggio chiaro e comprensibile le guide di cui si stanno attrezzando sempre più pubbliche amministrazioni sono molto utili: se ci si può riuscire in quell’ambito anche il nostro straordinario trattato sulla patata dovrà uscirne vincitore.
Tutto qui?
Tutto qui, sì. Questi cinque punti (più uno) sono alla base di una buona scrittura. Sono il progetto e le fondamenta che semplificheranno il resto del lavoro. Se questa parte è debole lo sarà anche tutto il resto.
Hai bisogno di scrivere un testo e credi che un aiuto professionale possa esserti utile? Contattami: vediamo se possiamo lavorare insieme.
Libri e articoli
Se preferisci, per i libri, c’è la lista collaborativa su Goodreads
- Luca Serianni, Leggere, scrivere, argomentare. Prove ragionate di scrittura, Editori Laterza (2014) [Sul sito dell’editore si può leggere tutta l’introduzione]
- Luisa Carrada, Il mestiere di scrivere. Le parole al lavoro, tra carta e web, Apogeo Education (2008)
- Valentina Falcinelli, Testi che parlano. Il tono di voce nei testi aziendali, Franco Cesati Editore (2018)
- Mariuccia Teroni, Manuale di redazione, Apogeo (2007)
- Daniele Fortis, La guerra al burocratese: un cammino incompiuto (su ilmestierediscrivere.com)
- Daniele Fortis, Il Plain Language: quando le istituzioni si fanno capire (I quaderni de Il mestiere di scrivere)
NOTE
*Umberto Eco, La bustina di Minerva, Bompiani (2000)
**Non mi sono mai trovata a mio agio a fare l’editor per la narrativa. Sarà stato l’imprinting della manualistica, chissà.
***Mentre scrivo questo post, ovviamente, ho fame.
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